Da:  <Valerio Minnella>
A:   <bologna@repubblica.it>
CC: <Michele Smargiassi>
Oggetto: Il dottor Lomastro e Radio Alice
Data: 08/02/2007  00:35

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Egregio direttore le scrivo questa mia perché ho letto l’intervista del bravo Michele Smargiassi al dott. Lomastro (Repubblica, Bologna, 7 febbraio 2007) e non posso tacere di fronte alle affermazioni di questo personaggio.

Non mi soffermerò più di tanto sulle sue pretese di far passare per “semplice perquisizione” l’assalto a mano armata, più che documentato, a Radio Alice. Basta dire che siamo ancora in grado di portare le testimonianze che raccontano di quel tenentino che è corso su per le scale di via del Pratello 41, urlando ai colleghi “Non sparate! Non sparate, sono in diretta!!”. Basta raccontare di tutta l’attrezzatura asportata e distrutta (compresi i dischi e i telefoni SIP), del tentativo di arresto di chi era tornato in redazione il giorno dopo con un trasmettitore di fortuna, dell’arresto di tutti i presenti a l’Aradio – Ricerca Aperta, emittente rea di aver ospitato alcuni redattori di Radio Alice.

Parliamo invece del brutale pestaggio di cui sono stato vittima, insieme a mio fratello e ad altri tre compagni, nell’ufficio di fronte a quello del dott. Lomastro, la sera del 12 marzo 1977.
Il dott. Lomastro mente spudoratamente quando dice di essersi scusato di quelle percosse. Non si è affatto scusato (eravamo in cinque in quella stanza, ad ascoltarlo), perché se lo avesse fatto gli avrei detto che l’unica sua scusa accettabile sarebbe stata denunciare alla magistratura gli agenti. Cosa che che non gli passava nemmeno per la testa (“Cane non mangia cane”, nevvero?).
Di vero c’è, invece, che uno dei poliziotti che mi hanno picchiato poi si scusò, lui, non il dott. Lomastro. Io sono un vecchio militante nonviolento, so usare le parole, mi creda, conosco la forza della comunicazione e, mentre questi cinque poliziotti mi picchiavano, ho continuato a parlargli e a dire loro le mie ragioni, fino a guadagnarmi un po’ del loro rispetto. Questo agente è umanamente scusabile. Il dott. Lomastro, no, come funzionario aveva il dovere di denunciare il fatto.

Le vorrei raccontare anche di cosa abbiamo realmente parlato con il dott. Lomastro, prima di essere trasferiti in carcere:
Il dottore ci disse che voleva sapere da noi come avere copia della registrazione della telefonata, alla radio, di un ascoltatore che raccontava di essere stato testimone diretto dell’uccisione di Francesco Lorusso (mi pare dalle finestre della Zanichelli).
Lomastro ci spiegò che il magistrato lo aveva incaricato di questa indagine, perché voleva conoscere la dinamica dell’accaduto, per trovare il responsabile.
Ora, leggo nell’intervista che il dott. Lomastro non aveva alcuna necessità di altre testimonianze per indicare ai magistrati il responsabile dell’omicidio, in quanto lui era presente sul luogo e tutto aveva visto.
Non commento, ma le racconto invece un fatto che la dice lunga su come quell’indagine poi è proseguita:
Quando anni dopo (a seguito della nostra assoluzione, vorrei ricordare) ci sono state restituite le attrezzature, nel registratore ho trovato ancora inserita la cassetta con la registrazione di quella famosa telefonata, che nessuno si era mai preso la briga di ascoltare.

La ringrazio della cortese attenzione
Valerio Minnella

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Valerio Minnella – alice@radioalice.org

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One thought on “La mia mail a La Repubblica di risposta a Lomastro

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