Negli anni ho imparato diverse cose sul criminale colonialismo sionista, come tutte le forme di colonialismo, anche questo razzista, fascista, sterminatore e predatore.
Molte le ho imparate da valenti storici come l’israeliano Ilan Pappè o il prof. Lorenzo Kamel, italiano, ma laureato a Tel Aviv. Altre dai rabbini ebrei newyorkesi, oppure da altri ebrei come i giovani refusenik (obiettori di coscienza) israeliani che ho incontrato.
Insomma gran parte di ciò che so ha un’origine ebraica, in quanto nel nostro mondo “uccidentale” “democratico” quasi tutto questo viene ben celato dietro strati di opacità e di propaganda, che parlano del popolo ebreo come fosse un unico monolito sionista, giustificando così il genocidio e le razzie in Palestina e alimentando l’antisemitismo esistente. Va ricordato, invece, che gran parte degli ebrei ritiene un abominio contrario alla Torah la costruzione di uno stato nazionale prima della venuta del Messia e comunque un organizzazione politica criminale quella sionista.
Per questo ho deciso di riassumere un po’ di cose che ho imparato in questa serie di aricoli.
Questo è il primo, gli altri sono elencati qui:
- Sionismo: Colonialista dalle origini
- Sionismo: Sempre alleato del nazismo
- Sionismo: Terrorista dalla nascita
- Sionismo: Chi ha allevato Hamas
- Sionismo: Genocidio, Crimini di guerra e contro l’umanità (in arrivo)
- Sionismo: Antisemitismo e Hasbara (in arrivo)
Origini cristiane del sionismo e contorsione politica-ateo-ebraica
Il sionismo nasce negli ambienti cristiani riformatori e puritani nel 1600, lo spiegano i rabbini:
(fonte:
https://x.com/voiceofrabbis/status/1973392936030314956
)
Il sionismo cristiano non è iniziato nel 1948. È una storia lunga 400 anni: dai radicali della Riforma, ai puritani, agli insegnanti di profezia del XIX secolo, fino all’incontro tra il reverendo William Hechler e Herzl a Vienna.
– Francis Kett (1580) – Riformatore inglese, giustiziato per eresia nel 1589. Insegnava che gli ebrei sarebbero tornati nella loro terra prima della fine dei giorni.
-Thomas Brightman (1607) – Studioso puritano. Leggeva Isaia ed Ezechiele letteralmente: gli ebrei sarebbero tornati in Palestina.Nel 1600-1700, i puritani in Inghilterra e nel New England portarono avanti questa fiaccola.
I gruppi millenaristi credevano che la restaurazione ebraica fosse necessaria per il regno di Cristo.
Questo fu il terreno fertile della successiva cultura profetica evangelica.Nel 1800 il sionismo cristiano maturò:
I premillenaristi come John Nelson Darby hanno sistematizzato la profezia (dispensazionalismo).
Gli evangelici britannici fondarono la “London Society for Promoting Christianity Among the Jews”.
L’idea del ritorno degli ebrei in Palestina divenne diffusa nei circoli revivalisti.
Entra in scena il reverendo William Hechler (1845–1931). Un pastore anglicano, immerso nella profezia.Nel 1884 pubblicò “La restaurazione degli ebrei in Palestina secondo la profezia”.
Per lui la Bibbia non lasciava dubbi: gli ebrei dovevano tornare nella loro terra.Quando Herzl pubblicò “Der Judenstaat” nel 1896, Hechler corse a incontrarlo a Vienna.
Herzl scrisse nel suo diario: “Devo a lui il fatto di essere stato presentato al Kaiser tedesco”.
La fede di Hechler diede a Herzl la certezza che la storia era dalla sua parte.
Più che un incoraggiamento, Hechler offrì l’accesso.
Nell’aprile del 1896 presentò Herzl al Granduca di Baden (zio del Kaiser Guglielmo II).
Ciò aprì la porta al successivo incontro di Herzl con il Kaiser in persona.Ecco il paradosso: Hechler sostenne il sionismo per ragioni religiose.
Herzl lo perseguì per ragioni politiche e antireligiose (per trasformare gli ebrei in una nazionalità laica invece che in una religione, il che avrebbe portato gli ebrei a non essere più soggetti all’antisemitismo).
Due diverse visioni del mondo convergevano verso lo stesso risultato: uno Stato ebraico in Palestina.La serie continua:
Anni 1500:
Kett prevede il ritorno.
1600: i puritani lo predicano.
1800: i dispensazionalisti lo codificano.
Anni 1890: Hechler dà il via libera a Herzl.Anni 1900-2000: gli evangelici accolgono Israele come compimento della profezia.
Da allora, molti sionisti ebrei hanno adottato interpretazioni bibliche evangeliche a scapito di quelle tradizionali ebraiche. Ad esempio: nel 2010, presso il campo di concentramento di Auschwitz, Benjamin Netanyahu ha ripetuto l’interpretazione della profezia delle “ossa secche” in Yechezkel 37 – secondo cui le ossa secche che tornano in vita profetizzano il “ritorno in vita” degli ebrei oppressi con la fondazione dello Stato di Israele.
Questa interpretazione non proviene da fonti ebraiche, ma da fonti sioniste cristiane: Questa interpretazione di Yechezkel non è di origine ebraica. È un’interpretazione cristiana popolare adottata da Netanyahu e presente nei commentari cristiani dal XIX secolo fino ai giorni nostri. Scritti evangelici. Ad esempio: il commento cristiano di Iain Duguid su Ezechiele e i discorsi del famoso sionista evangelico John Hagee.
Il primo caso di cui sono a conoscenza risale al 1864, decenni prima che Herzl pubblicasse “Der Judenstaat”, scritto dal reverendo Charles Haddon Spurgeon, presso il Metropolitan Tabernacle, per la British Society for the Propagation of the Gospel Among the Jews.
Nel suo sermone, il reverendo Spurgeon ha anche affermato che “attendiamo con ansia queste due cose. Non intendo fare teorie su quale di esse avverrà prima: se [gli ebrei] saranno prima reintegrati [in Terra Santa] e poi convertiti, oppure convertiti prima e poi reintegrati. Devono essere reintegrati e convertiti anche loro”. (Netanyahu si è convertito, ma non come aveva previsto il reverendo Spurgeon, al cristianesimo, bensì al sionismo.)Non solo dal punto di vista biblico, ma anche politico, molte idee attribuite ai sionisti ebrei in realtà hanno avuto origine dai sionisti cristiani.
Esempi:L’argomentazione secondo cui uno stato ebraico in Palestina avrebbe “permesso alla cultura europea di entrare in Medio Oriente” fu avanzata nel 1851 da Benedetto Musolino nel suo Gerusalemme e il Popolo Ebreo.
Musolino suggerì anche che la lingua nazionale dello Stato ebraico dovesse essere l’ebraico (Herzl, nel suo Lo Stato ebraico, era contrario al fatto che la lingua di Israele fosse l’ebraico).Lo slogan “una terra senza popolo per un popolo senza terra”, attribuito a Israel Zangwill e comune tra i sionisti alla fine del diciannovesiomo e all’inizio del ventesimo secolo era già utilizzato dai sionisti cristiani come Lord Shaftesbury e Alexander Keith negli anni ’40 dell’Ottocento, prima ancora che un sionista ebreo ci pensasse.
L’argomento secondo cui gli ebrei in Europa sarebbero stati massacrati e che quindi avevano bisogno di un rifugio sicuro in Palestina fu pubblicizzato dal luterano tedesco CF Zimpel a metà del 1800.Oggi, milioni di evangelici vedono Israele attraverso la lente tracciata per la prima volta da Kett e Brightman, stimolata da Hechler e
realizzata politicamente da Herzl. Il sionismo cristiano e il sionismo ebraico, un tempo separati, si sono fusi in un’alleanza sia politica che spesso teologica.
E sì, ovviamente è stata la Bibbia di riferimento Scofield a rendere tutto questo così popolare. Parlo delle sue origini e della sua evoluzione, non della sua diffusione.
Lorenzo Kamel aggiunge altri particolari interessanti:
(fonte: https://x.com/ValerioMinnella/status/2000875951807156303 oppure https://ilmanifesto.it/nel-piano-trump-lantica-idea-delle-riserve )
Il parlamentare inglese cristiano-sionista Laurence Oliphant, nato nel sudafrica colonizzato, scrisse «Gli arabi non hanno molti motivi per reclamare la nostra empatia. […] si potrebbe adottare il medesimo sistema che abbiamo utilizzato con successo in Canada con le nostre tribù indiane del Nord America”.
La propaganda attuale parla di Oliphant come di uno che voleva dare ai palestinesi dei terreni agricoli da coltivare, ma in realtà voleva rinchiuderli in riserve indiane a crepare di fame.
Perché i palestinesi già coltivavano magnificamente le loro terre da secoli e non avevano bisogno dei colonialisti uccidentali per farlo.
Basta leggere il libro “Terra contesa” dello stesso Kamel per vedere cos’è stata nei secoli la Palestina: una terra fertile, ben coltivata e con una popolazione multietnica, prevalentemente di arabi e beduini musulmani, cristiani ortodossi ed ebrei ottomani, ma comunque in pace fra loro.
Comunque è interessante vedere come la parola biblica e religiosa sul ritorno del popolo ebraico in Palestina (vietato secondo gli ebrei fedeli alla Torah) viene distorta in una ideologia politica di aggressione, che scimmiotta solamente la religione ebraica delle origini, avvicinandola a quella dominante nell’Europa fratricida.
Un meccanismo simile a quello successo con il cristianesimo, nato come religione praticata da sole donne e che chiamava all’amore e alla pace, che con Costantino diventa una ideologia politica di supporto all’impero coloniale con il motto guerrafondaio “In Hoc Signo Vinces“.
È proprio in base alla cultura della “vittoria”, della sopraffazione dell’altro con la violenza delle armi, che il pensiero sionista vede nel colonialismo la propria identità e il metodo che esclude ogni altra morale umana:
Concludiamo quindi che non possiamo promettere nulla agli arabi della Terra d’Israele o ai paesi arabi. Il loro accordo volontario è fuori questione. Perciò coloro che ritengono che l’accordo con gli indigeni sia una condizione essenziale per il sionismo possono ora dire “no” e allontanarsi dal sionismo.
La colonizzazione sionista, anche la più ristretta, deve essere terminata o portata avanti a dispetto della volontà della popolazione nativa. Questa colonizzazione può quindi continuare e svilupparsi solo sotto la protezione di una forza indipendente dalla popolazione locale, di un muro di ferro che la popolazione indigena non può sfondare.
Questa è, in sostanza, la nostra politica nei confronti degli arabi. Formularlo in altro modo sarebbe solo ipocrisia. […] Due brevi osservazioni: In primo luogo, se qualcuno obietta che questo punto di vista è immorale, rispondo: Non è vero; o il sionismo è morale e giusto oppure è immorale e ingiusto. Ma questa è una questione che avremmo dovuto risolvere prima di diventare sionisti. In realtà abbiamo risolto la questione, e in senso affermativo. Riteniamo che il sionismo sia morale e giusto. E poiché è morale e giusta, la giustizia deve essere fatta, non importa se Joseph o Simon o Ivan o Achmet siano d’accordo o meno.
Non esiste altra moralità.
Da Herzl, passando per Jabotinsky, fino ai ministri israeliani e a tutti gli esponenti sionisti di oggi, esiste una sola intenzione:
Procedere con l'”avventura colonialista”.
Molti degli stessi padri del sionismo lo descrissero come colonizzazione, come Vladimir Jabotinsky che affermò che “il sionismo è un’avventura di colonizzazione“.
Theodore Herzl, in una lettera del 1902 a Cecil Rhodes, descrisse il progetto sionista come “qualcosa di coloniale”. In precedenza, nel 1896, aveva parlato di “importanti esperimenti di colonizzazione” in corso in Palestina.
Nel 1905 Max Nordau disse: “Il sionismo rifiuta per principio ogni colonizzazione su piccola scala e l’idea di ‘intrufolarsi’ in Palestina“, e sostiene invece “che gli inizi esistenti e promettenti di una colonizzazione ebraica debbano essere curati e mantenuti finché il trasferimento non sarà possibile su larga scala».
Le principali organizzazioni sioniste centrali nella fondazione di Israele hanno mantenuto l’identità coloniale nei loro nomi o dipartimenti, come la Jewish Colonization Association, la Palestine Jewish Colonization Association, il Jewish Colonial Trust e il dipartimento di colonizzazione dell’Agenzia ebraica.
“Colonizzeremo la Palestina” dichiarò nel 1899 l’assemblea della “Conferenza Sionista” di Baltimora e il piano per farlo fu definito nell’incontro di Chicago del 1902.
Ecco!









